15. Io sono la via la verità e la vita - Zona Pastorale Borgo Panigale e Lungo Reno | Arcidiocesi di Bologna

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15. Io sono la via la verità e la vita

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Venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
 
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».
 
 

Gesù è ormai giunto alla svolta della sua vita terrena, la passione è imminente. Dopo aver lavato i piedi dei discepoli, mostrando loro quale sia la giusta condotta di vita, ora pronuncia un lungo bellissimo discorso di addio che troviamo nei capp. 14 e 15 del vangelo di Giovanni.
 

In pratica Gesù sta formulando il suo testamento spirituale, è un momento solenne, ogni sua parola sarà dunque molto ponderata, è l’ultima volta che ha la possibilità di aprire il suo cuore ai discepoli.
 
Per prima cosa intende rasserenare il loro animo in vista di quel che sta per avvenire. Tutto quel che accadrà, anche se sconvolgente, ha uno scopo preciso: “Vado a prepararvi un posto”.
 
Non temete: “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore”, una sarà per voi, vado a prepararla e poi ritorno a prendervi per stare insieme.
 
Poi aggiunge, sorprendendo i discepoli, che già loro conoscono quale sia la via per giungere in quel luogo.
 
Tommaso, sempre lui, ci fa un favore e reagisce costringendo Gesù a chiarire meglio: “Noi davvero non sappiamo quale sia questa via! Non sappiamo nemmeno dove vai!”.
 
Gesù gli ribatte, usando delle parole che sono delle immagini. Spiega che “Lui stesso” è la via, la verità, la vita! Dunque, chi lo conosce sa con certezza quale sia la sola strada che porta al Padre, che porta a quel luogo che sta andando a prepararci.
 

A cosa allude il Signore Gesù con le parole, via, verità, vita?
 
 
Noi siamo esseri “umani”, ciò significa che la nostra esistenza è caratterizzata da un dilemma, ci dibattiamo tra due opposti: la serenità della fiducia che il nostro intimo ha ragione quando ci prospetta un “dopo”, un “di più”, e la paura che la morte sia invece la nostra padrona inflessibile, il paradosso capace di infrangere ogni “sogno di vita”.
 
Allontaniamo da noi il pensiero della morte per non esserne sopraffatti e avanziamo nella vita, essendone assetati, ma con l’impressione che possa essere un po’ “provvisoria”. Cerchiamo, speriamo, una dimora definitiva e solida.
 
Sin da quando nasciamo nudi e piangenti, ci consegniamo ad un abbraccio che ci accoglie, ci riscalda, ci tranquillizza, un seno che ci sfama, una mano che ci accarezza, un sussurro che ci acquieta e ci consola.
 
La fiducia è, sin dall’inizio, l’esercizio quotidiano del “mestiere di vivere”.
 
Gesù, che è perfettamente “umano”, lo sa bene. Ora è davanti all’ultimo capitolo della sua vita terrena, prova quel che ognuno di noi prova in quel momento, e si affida al Padre con fiducia.
 
É convinto che quella fiducia sia ben riposta e lo comunica ai suoi discepoli perché usino la stessa “via” per tranquillizzarsi: “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore (abitazioni solide, sicure)”
 
Tra le molte dimore c’è anche la sua, vi arriverà obbedendo con fiducia al Padre che gli chiede di donare la vita per salvare tutta l’umanità:  “Vado a prepararvi un posto”, “Tornerò a prendevi e vi ci accompagnerò”.
 
Quindi Gesù è “la via” che ci indica d’aver fiducia nel Padre.
 
Questa “via” è anche una “via di verità”.
 

Le promesse di Gesù sono verità. Veramente, percorrendo la via della fiducia nel Padre, Gesù ci prepara il nostro posto con lui, veramente ci ritorna a prendere e ci porta in quel luogo “solido”, “definitivo”, presso il Padre, così dimostrandoci che il Padre ama noi come ha amato lui.
 
Perché dico che tutto questo è già vero? Non diventerà vero solo alla fine del mondo?
 
Gesù offre la sua vita e muore sulla croce, ma poi risorge. Così si testimonia che quella via di fiducia è “vera”, è efficace.
 
L’effettiva resurrezione di Gesù (e la nostra fede nella resurrezione di Gesù) è il passo essenziale che ci permette di essere “cristiani”, anzi è il presupposto stesso del Cristianesimo.
 
S. Paolo è categorico: “Ma se Cristo non è risorto, vuota è allora la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”. (1 Cor, 15, 14)
 
Assodato, quindi, che la nostra fede non può prescindere dal credere che Gesù sia risorto, facciamo un passo in più per constatare come questa via sia sin da ora una “via di verità”.
 
Pochi si comunicano, anche con frequenza, avendo ben chiaro che il corpo di Gesù a cui si “comunicano” è quello di Gesù risorto.
 
L’Eucarestia è il corpo e il sangue di Gesù morto e risorto, non solo quello offerto sulla croce per noi a Gerusalemme, duemila anni fa.
 
Stiamo attenti. Se è il corpo e il sangue di Gesù risorto, anche se è sotto l’apparenza di pane e di vino “terrestri”, quando essi sono consacrati il corpo e sangue di Gesù ci viene da quella realtà definitiva e solida che è presso il Padre e che per l’appunto Gesù ha raggiunto e dove ci “ha preparato un posto”.
 

Seguiamo il “percorso” che nella S. Messa compiono il pane e il vino.
 
Le “offerte” sono rappresentative della nostra vita che è associata al pane e al vino portati all’altare.
 
Le preghiere con cui si presentano a Dio Padre i doni portati all’altare sono esplicite: “Benedetto sei tu Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane (questo vino), frutto della terra e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo (bevanda) di vita eterna (di salvezza)”.
 
Al Padre sono offerti i frutti della sua creazione che l’uomo ha “trasformato” in pane e in vino, non sono offerti chicchi di grano e acini d’uva “naturali”. Questa “trasformazione” dovuta all’opera dell’uomo è chiara indicazione dell’associazione alle offerte dell’”umanità attiva” (della vita umana) che ne permette l’offerta.
 
Quindi “noi” siamo contenuti nelle offerte, esse non sono semplici pezzetti di pane e un po’ di vino.
 
Siamo anche nella “causa” che ha generato la passione morte e resurrezione del Signore Gesù; nella necessità di redimere l’umanità dal suo peccato di disobbedienza di cui era incancellabilmente segnata. Infatti, la S. Messa è la “memoria” attualizzante i “fatti della nostra salvezza”.
 

Terzo aspetto che ci riguarda in relazione al pane e al vino.
 
Quando al termine della preghiera eucaristica il sacerdote alza la pisside e il calice verso il Padre perché accetti le offerte consacrate, che sono il Corpo e Sangue del Signore risorto, dicendo: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio Padre Onnipotente ...” noi stessi siamo contenuti in ciò che il Padre accetta.
 

Lo siamo in quanto:
 
 
·    “Per Cristo”, cioè a motivo di quanto Gesù è divenuto per la sua obbedienza filiale assoluta, il Figlio di Dio, seduto “alla destra del Padre” nei secoli dei secoli.
 
·    “Con Cristo”, perché ci porta con sé come “mediatore di una nuova alleanza”, restando assolutamente solidale con i peccatori di cui si è assunto ogni responsabilità davanti al Padre.
 
·    “In Cristo”, perché siamo anche “in Lui” come partecipanti del suo Corpo che è la Chiesa. Siamo dei battezzati, dunque dei “vincolati” alla sua morte e resurrezione.
 
 
Allora quella offerta che il Padre gradisce e accetta presso di sé, costituita dal Corpo e il Sangue del Signore, contiene dunque anche noi suoi fratelli.
 
Infatti, subito dopo, diciamo assieme a Gesù risorto: “Padre nostro ...”. Preghiera alla quale siamo abituati al punto che quasi non cogliamo più il valore incredibile di questa affermazione, che è vera ma ci è meritata solo dal Cristo che, volentieri,  ci associa alla sua natura di “unigenito”.
 

Quindi, riassumendo i vari aspetti, la “via” della fiducia nel Padre, è una “via di verità” sin da ora; perché Gesù va al Padre offrendosi come vittima e ci prepara “un posto”. Il Padre gradisce l’offerta che Gesù compie sulla croce e lo risorge. Gesù ritorna a noi nell’Eucarestia, per prenderci con sé e portarci efficacemente nel posto che ci ha preparato.
 
Che la partecipazione all’Eucarestia sia “efficace”, lo dimostra anche il fatto che la comunione al Corpo e Sangue di Gesù Cristo cancella i nostri peccati veniali, ci riporta all’innocenza battesimale nella piena unione a Gesù Salvatore.
 
 
La santa Comunione si “riceve” quindi, non tanto perché “qualcuno” ci porge la particola, ma perché essa ci giunge dalla realtà “ultra mondana” del Risorto, realtà alla quale noi non possiamo attingere ora, ci riusciamo solo perché è Il Risorto che si “offre a noi”. Ha detto: “Vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”.
 
Da questa “via di verità”, allora, ci giunge anche la “vita”.
 
La “vita vera”, quella che non tramonta e che la partecipazione ai “divini misteri” ci consegna come “caparra” della sua definitività futura.
 
Poco dopo aver detto: “Io sono la via, la verità e la vita”, Gesù fa un’altra affermazione solenne, promette: “Io vivo e voi vivrete” (Gv 14, 19). Lui e solo lui è la sorgente inesauribile della vita per l’umanità.
 
Far “memoria” del Signore non significa “ricordarsi di Lui”, non significa far un ripasso mentale delle sue opere, non significa solo “lodarlo” e “ringraziarlo”, ma significa invece accogliere in noi la sua “vita”, farla permanere presente nella storia attraverso le nostre opere che cercano di ispirarsi a lui.
 
Cercare, con l’aiuto di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, di amare il nostro prossimo come Gesù ci ha amato.
 
 

Solo l’adesione nella fede a Gesù Cristo scioglie i dubbi che avvolgono la mente umana circa la vita e il suo destino:  Egli è la via attraverso la quale s’avvera il mirabile disegno del Padre di riscattare ognuno dall’insignificanza; Egli è la verità altrimenti inaccessibile che viene comunicata alle persone di “buona volontà” che gli si fanno vicine; Egli è la vita definitiva che si comunica fino a noi e che trova la sua espressione terrena nell’amore ai fratelli, nell’attesa della comunione universale della Gloria, nel seno della SS. Trinità.
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