18. Il ricco e il povero
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Lc. 16
19 C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente.
20 Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe,
21 bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.
22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
23 Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.
24 Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura.
25 Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.
26 Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi.
27 E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre,
28 perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento.
29 Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro.
30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno.
31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi".
20 Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe,
21 bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe.
22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
23 Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.
24 Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura.
25 Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.
26 Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi.
27 E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre,
28 perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento.
29 Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro.
30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno.
31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi".
Il brano di vangelo ci presenta un dialogo immaginario, un dialogo impossibile, e addirittura il personaggio più autorevole del dialogo, Abramo, lo dice apertamente: “tra noi e voi è stabilito un grande abisso ...”. Attraverso un grande abisso al massimo può passare l’eco di un grido ma non una conversazione, che cosa ci vuol dire allora l’evangelista Luca?
Tutto il dialogo è compreso all’interno di una scena a due facce, un aldiquà dove il ricco è gaudente e il povero è sofferente e un aldilà dove il ricco è in pena e il povero è nella gloria.
Non si tratta di una condanna pregiudiziale dei ricchi e di una esaltazione dei poveri, piuttosto è un ammonimento ad usare con giustizia dei beni della terra.
Questo racconto pone l’aldilà come orizzonte dell’aldiquà. Se è sbagliato annullare il senso della prospettiva religiosa della vita in nome del materialismo, è altrettanto sbagliato sognare un aldilà come soluzione di un aldiquà solamente iniquo e perverso.
Togliere la prospettiva dell’aldilà significa togliere all’aldiquà il suo senso.
Presente e futuro non si negano, non sono tra loro in sola contrapposizione, piuttosto stanno in continuità come la semina lo è per il raccolto.
Però c’è un aspetto che differenzia molto il presente e il futuro, nel presente tutto è provvisorio e può cambiare, nel futuro tutto è definitivo. Hai fatto dipendere la tua vita terrena solo dai beni materiali? Scoprirai in modo permanente nell’aldilà che non erano loro il valore che salva. Sei stato afflitto dall’indigenza sulla terra, scoprirai che non sono i beni posseduti ad essere la misura del bene e del male.
Il ricco inutilmente si affanna nell’aldilà per chiedere clemenza per sé stesso e i suoi parenti, ormai il cielo è chiuso per lui. Questo suo dialogo disperato con Abramo, il ricco non può nemmeno rivolgersi a Dio perché lo ha ignorato per tutta la vita preferendogli i beni materiali al massimo può rivolgersi al suo primo capostipite, ha per noi solo lo scopo di ammonimento: sin da quaggiù pensiamo a lassù, là dove le realtà sono definitive.
La parabola mette sotto accusa la visione solo materialistica della vita, la visione solo terrena dell’uomo e della vita. Noi, se lo vogliamo, sappiamo come dobbiamo comportarci nella vita, lo dice Abramo al ricco : “Avete Mosè e i profeti, ascoltate loro”.
La via sicura è quella che comincia con Mosè e i profeti e continua con Gesù e la Chiesa.