39. Un amico importuno
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Lc 11
5 Poi aggiunse: "Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani,
6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti;
7 e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli;
8 vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
9 Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.
10 Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti;
7 e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli;
8 vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
9 Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.
10 Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
La vita è piena di imprevisti che possono toglierci la tranquillità, una condizione che specialmente di notte desideriamo che non sia turbata.
Per comprendere bene la parabola occorre rifarsi alle condizioni di vita ai tempi di Gesù.
Allora le condizioni di vita erano diverse, si viveva alla giornata, e di sicuro alla sera il pane preparato per quel giorno normalmente era finito, non esisteva la scorta e nemmeno il frigorifero.
Quindi l’amico importuno, che non è in cerca di pane per sé stesso ma per un altro amico giunto da un viaggio all’improvviso e che lui aveva accolto, si mette avventurosamente e coraggiosamente in cerca presso i conoscenti, sperando in un improbabile avanzo di pane rimasto per caso e nella loro benevolenza.
Otterrà qualcosa non solo per amicizia ma soprattutto per l’insistenza con cui si presenta nel cuore della notte, consapevole di buttare all’aria la quiete dell’intera famiglia di un amico, ma però spinto dalla necessità in cui la sua carità l’ha condotto, facendolo diventare a sua volta uno sgradevole “amico importuno”.
Cerca accoglienza perché già ha accolto. Bussa ad una porta chiusa perché ha prima aperto la sua.
La parabola ci illustra cosa deve stare nel cuore della nostra preghiera perché essa sia esaudita dal Signore.
Deve essere insistente, perché ripetendola la si affini e la si corregga, facendone un mezzo di miglioramento della nostra fede in Dio, perché l’eventuale attesa dell’esaudimento contribuisca a rafforzare la fiducia nella buona volontà di Dio.
Soprattutto deve essere una preghiera per il bene del prossimo, una preghiera che chieda un contributo a quel che noi abbiamo già tentato di fare seguendo l’insegnamento di Gesù Cristo.
Quando poi, dopo aver pensato al bene altrui preghiamo anche per noi, premettiamo un rispettoso: “Signore se tu vuoi ...” memori della preghiera del lebbroso risanato (Mc 1, 40-45).
Il Padre nostro è una preghiera che insegna tante cose.
Per ciò che riguarda la nostra preghiera insegna che tutto comincia da: “sia santificato il tuo Nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà”. Poi si potrà chiedere il pane quotidiano.
Prima di tutto occorre avere in noi lo stesso pensiero del Signore, cercarlo e uniformarsi a lui.
Non si comincia a pregare pensando a noi stessi e dimenticando le necessità primarie, cioè: “santificare il Nome” = riconoscerlo come unico Dio, unico riferimento della vita, “ venga il tuo Regno” = servirlo con tutto noi stessi, “fare la tua volontà” = obbedirgli sempre.
Se invece, prima di tutto nella preghiera noi pensiamo a noi stessi, ci mettiamo ai margini del nostro rapporto filiale col Padre e fraterno con il Figlio, diventiamo meschini, facciamo della fede uno scambio di merce: io ti riconoscerò davvero come mio Dio, se tu farai quello che voglio io.
Così la preghiera non funzionerà, anzi pregando si rischia di peccare d’orgoglio.